Il 19 agosto 1768 fr. Ubaldo Tebaldi cronista della comunità, ci racconta dell’incendio che divampò nel Sacro Convento e dello spettacolo terrificante della struttura in preda alle fiamme. Infatti poco prima delle 18.30, dalle arcate della passeggiata esterna vennero fuori fiamme “dalla sinistra luce rossastra del fuoco, che in un baleno si era sviluppato violento per tutto il lungo tratto occidentale e meridionale della falegnameria”. Il fuoco fu tale che da una finestra in prossimità della scarpata, si videro le fiamme che altissime incominciarono a lambire l'arco sovrastante. Il vicinato e la gente accorsero in massa per aiutare i frati, infatti si prodigarono avvicendandosi con i religiosi nel trasporto dell'acqua dalla cisterna del chiostro alla sommità del tetto del refettorio. Un aiuto ancora più valido fu dato anche dai volenterosi e robusti contadini, che in gran numero accorsero dalle campagne della pianura circostante muniti di arnesi e di secchi.

Nel volto di tutti si leggeva l'ansia e l'angoscia che più volte a tratti, esplodeva in un linguaggio scurrile che si mescolò alle grida supplicanti dirette a S. Francesco affinché risparmiasse al convento danni irreparabili. Ad un attimo di speranza per essere riusciti a domare il fuoco mentre il sole stava per tramontare, seguì una più violenta ripresa dell'esteso rogo alimentato da un forte vento. Nuovamente tutto il tratto meridionale delle arcate fino al tetto del grande refettorio fu in preda alle fiamme, soltanto cessando il vento si sarebbe potuto salvare l’edificio.

Il Custode fr. Giovanni Antonio Evangelisti costernato ed impotente di fronte alla forza dirompente del fuoco, ricorse ad un mezzo estremo e di efficacia soprannaturale. Dalla sagrestia della basilica si recò “sul piccolo spiazzo che è contiguo al detto tetto del refettorio grande” con la reliquia del velo della Madonna, con cui diede la benedizione all'incendio e alla vista “di molto popolo, sul tetto si ebbe la cessazione in un'istante di quel opposto gagliardo vento”. Terminò il nostro cronista, dichiarando che vi fu una gara di solidarietà da parte di tutti nell’aiutare i frati del Sacro Convento, accorrendo “al bisogno e coll’opera colle preghiere, coi pianti e colle strida ci aiutò ad impetrare un sì gran beneficio”.

È chiaro che verità storica, leggenda e fede sono mescolati e non sempre è facile risalire alla realtà oggettiva dei fatti. Comunque sia, tre giorni dopo lo scansato pericolo il 22 agosto 1768 fu celebrata nella basilica all'altare dell’Immacolata la “messa corrente dell'ottava dell'Assunta e fu applicata in rendimento di grazie alla Vergine”. Al termine della celebrazione, fu cantato il Te Deum con le preci “pro gratiarum actione”, dopo seguì il pranzo alla porta del Sacro Convento. Infatti fu distribuito pane e vino a tutti, “per così corrispondere all'assistenza ed aiuto che ci fu dato dal popolo minuto in tal emergente”. Anche la nobiltà e il clero della città si strinsero intorno ai frati della basilica, encomiabile fu pure il servizio d’ordine pubblico gestito dal Capitano del popolo con i suoi uomini nel disciplinare quanti parteciparono alla cena offerta dai frati.
A lode e gloria!

fr. Felice Autieri