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Il Custode fra Marco Moroni continua la lettura meditata della Regola non bollata di san Francesco nell'VIII centenario di redazione -

Gli atteggiamenti, le scelte di vita, le decisioni e le azioni che compiamo possono essere mossi da ragioni diverse e spesso nascoste. Possiamo scoprire in un secondo tempo che una parola detta, un gesto compiuto, una scelta intrapresa erano motivati da intenzioni di cui inizialmente non eravamo consapevoli. Ci sono insomma le azioni visibili che sono motivate dall’invisibile che le anima. Ed è proprio quell’invisibile che dice la verità delle nostre intenzioni. San Francesco, nella Regola non bollata da cui sto prendendo spunto per questi interventi mensili, si sofferma diverse volte sugli spiriti che animano il nostro agire. In fondo il suo invito è quello di discernere (ossia distinguere, vedere chiaro e quindi giudicare) per poi agire di conseguenza. Non è un insegnamento nuovo il suo, anzi è parte del patrimonio dell’esperienza cristiana e dopo di lui altri santi ne hanno trattato in modo approfondito, primo fra tutti Ignazio di Loyola.

Può accadere, dice san Francesco nella Regola, che viviamo come uomini carnali, che vivono secondo la carne. Ma che cosa si intende per carne in questo caso? Per la fede cristiana la carne ha un valore importantissimo, perché proprio attraverso la carne Dio ci viene incontro: il suo Figlio si incarna, si fa uomo e condivide l’umanità con tutto ciò che comporta, comprese le fatiche, le prove e le tentazioni (senza cadervi). Inoltre Gesù ha dato ai suoi la propria carne come cibo di vita. E ciò che viviamo lo viviamo nella carne, perché non siamo puri spiriti. Quando però san Francesco, riprendendo il vocabolario di san Paolo, parla di uomini carnali intende qualcos’altro: intende coloro che si lasciano guidare nelle loro scelte – grandi o piccole che siano – solo dai propri interessi, dalla difesa della propria immagine, dall’orgoglio, dal bisogno di dimostrarsi perfetti e di affermare se stessi di fronte agli altri.

E ciò, dice Francesco, può avvenire anche agli uomini religiosi: «Lo spirito della carne, infatti, vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini». Insomma anche noi frati potremmo compiere scelte e azioni buone per bisogno di apparire, di essere riconosciuti e apprezzati, di ottenere stima e considerazione dagli altri! Così facendo saremmo uomini carnali. Anche in questo caso però possiamo universalizzare l’insegnamento di Francesco e non limitarlo a noi religiosi: tutti infatti possono cadere in questo equivoco, nocivo per sé e per gli altri. La qualità e la verità del bene infatti non si misura sull’aver compiuto cose buone, ma sull’averle compiute con animo buono, profondamente orientato al bene, sapendo che non esiste un bene solo mio: il vero bene è per tutti. Francesco invita tutti a scoprire l’invisibile sotto il visibile, a riconoscere quale spirito ci anima, perché sia davvero buono il nostro agire, a vantaggio dell’intera umanità.