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Il saluto del Custode, fra Marco Moroni, all'incontro "Dio mi donò un fratello. A ottocento anni dall’incontro di sant’Antonio con san Francesco" - sabato 29 maggio 2021 nella Sala stampa del Sacro Convento.

"Un caro saluto a tutti, fratelli e sorelle, ai pochi qui presenti e ai molti che ci seguono da casa.
È bello avere qui con noi i frati della Basilica di sant’Antonio assieme a quanti hanno organizzato questo convegno e le varie attività legate al progetto Antonio 20-22.
Nella speranza che la pandemia lo permettesse, si prevedeva tempo fa di organizzare un tempo prolungato di incontro che doveva raccogliere un gran numero di persone, invece le norme non ci consentono ancora di organizzare e di vivere un convenire di quelle dimensioni.
Quell’incontro voleva ricordare da vicino quel Capitolo delle Stuoie che nella memoria di noi frati risuona come un ricordo carico della nostalgia delle origini.
È a quelle origini che abbiamo bisogno di continuare a fare riferimento per guardare all’oggi con sapienza e costruire il domani. Fare memoria di quell’evento e celebrare anche gli altri anniversari che costelleranno i prossimi anni (menziono solo gli ottocento anni dalla morte di san Francesco nel 2026 e dalla morte di sant’Antonio, fra 10 anni – ma ce ne sono anche tanti altri per noi francescani, la regola, le stimmate, il cantico…), non vuol dire fare opera di archeologia, né semplicemente organizzare eventi commemorativi, ma riscoprire le fonti carismatiche della nostra vita, perché l’oggi ne sia ancora fortemente segnato, per non disperdere ed anzi recuperare e ravvivare, ove possibile, un patrimonio spirituale che il tempo, in certi casi, ha fatto sbiadire.

Trovo molto suggestivo il titolo di questo incontro: «Dio mi donò un fratello». Riprende testualmente, volgendola al singolare, l’espressione di san Francesco contenuta nel Testamento.
Fratello è un termine fondante per noi francescani e lo è per la chiesa intera, ancor più ora, dopo che papa Francesco l’ha utilizzato per allargare ulteriormente lo sguardo, riconoscendo che la fraternità non può essere qualcosa di chiuso e limitato, ma si estende necessariamente a tutti gli uomini e le donne in senso sincronico e diacronico, in quanto originati e amati tutti dal Dio altissimo e buono.
L’espressione «mi donò» profuma di ammirata sorpresa e riconoscenza, di stupita presa di coscienza che tutto viene dal Padre come regalo immeritato. Tutto dono, compresi i fratelli, non scelti, non fabbricati a propria immagine e somiglianza, ma ricevuti così come sono, in una ricerca a volte dialettica e sofferta, di armonizzazione delle differenze e di reciproco riconoscimento, di unità e di complementarità, a lode di Dio.
E nel caso in questione l’espressione può essere pronunciata da entrambi, Francesco e Antonio: Dio mi donò un fratello. Per entrambi l’incontro con l’altro è stato generativo di novità e lo è ancora, se ottocento anni dopo ci incontriamo per ricordarlo.

Mi permetto una nota finale di carattere personale: mi trovo ad Assisi dove da qualche tempo svolgo il servizio di Custode, riconoscente al Signore per essere accanto alle spoglie di san Francesco, nella Basilica a lui dedicata, ma provengo dalla Provincia religiosa che ha sede a Padova, dove ho ricevuto la formazione, fortemente caratterizzata dalla presenza di Antonio e della sua Basilica, presso la quale ho vissuto l’anno di noviziato, proprio, guarda caso, assieme a fra Andrea Vaona, uno dei molti fratelli che Dio mi ha donato, che parlerà dopo di me e che saluto con particolare gioia.
E con particolare gioia vedo realizzarsi questo incontro, in cui noi frati delle due basiliche ci ritroviamo, allargando lo sguardo e il cuore verso tutti coloro che si riconoscono alla sequela di Cristo nel solco tracciato da questi due santi che riceviamo e riconosciamo come fratelli.
A lode di Dio.
fra Marco".